Da un vecchio libro di "Grammatica Italiana" di G.Falzone ho trovato:
PROSA (dal latino prosa o prorsa = diritta, che va in linea retta, composta di pro=avanti e di versa o vorsa, deriva dal verbo vertere = girare) è l'espressione per mezzo di parole non legate a schemi metrici.
La prosa trova applicazione in ogni forma scritta quali: la lettera, il diario, i componimenti scolastici, l'articolo, il romanzo ecc. E' alla base di ogni nostra comunicazione scritta quotidiana.
LA POESIA (dal greco poiesis, deriva di poiein = fare, inventare) è l'arte di comporre i versi o, più generalmente, di esprimere in forma d'arte la propia visione della realtà
LA METRICA. Il termine ha antichissime radici greche: esso deriva da metriké (techné) = arte metrica, derivazione di métron = misura, misura del verso.
Essa comprende lo studio delle regole che stanno alla base della versificazione
IL VERSO Base dello studio metrico di un testo è il verso (dal latino versus-us, che propriamente significa il voltare, quindi = l'andare a capo, derivato di vertere = voltare.
IL VERSO E' L'UNITA' DI LUNGHEZZA VARIABILE COMPOSTA DA UN CERTO NUMERO DI SILLABE (minimo 2 max 16) CHE SOTTOSTA' A UN CERTO RITMO.
Oggi, difficilmente le poesie si attengono alla metrica tradizionale, preferendo una maggiore libertà di struttura. tuttavia i poeti ricercano nei loro componimenti un'espressione ritmica, basata sull'armonia delle parole.
Il ritmo nel verso italiano è determinato da due elementi:
- il NUMERO COSTANTE DELLE SILLABE, ad esempio il settario ha sette
sillabe
- la CADENZA DEGLI ACCENTI, ad esemipo il settario ha sempre due
accenti: il primo su una delle prime quattro sillabe, il secondo sempre
sulla sesta sillaba
Es. La nébbia agli irti còlli
piovviginàndo sàle. (G. Carducci)
Il VERSO può essere PIANO, TRONCO, SDRUCIOLO, secondo che sia piana, tronca o sdruciola la parola finale.
Il computo delle sillabe di un verso si effettua sempre sul verso piano
Il verso tronco ha una sillaba in meno del corrispondente verso piano.
Il verso sdruciolo ne ha una in più.
Esempio su la seguente strofa di settari di A. Manzoni
Ei fu. Siccome immòbile (sdruciolo: 8 sillabe)
dato il mortal sospìro (piano: 7 sillabe)
stette la spoglia immémore (sdruciolo: 8 sillabe)
orba di tanto spìro (piano: 7 sillabe)
così percossa attònita (sdruciolo: 8 sillabe)
la terra al nunzio sta... (tronco: 6 sillabe)
Per determinare il numero delle sillabe di un verso occorre tener conto delle figure metriche, ossia delle variazioni di numero prodotte da particolari fenomeni di pronunzia.
Le figure metriche sono: la SINALEFE, la DIALEFE, la DIERESI, la SINERESI
- SINALEFE o elisione: fusione tra la vocale finale atona di una parola e la vocale iniziale della parola seguente. In tal modo le 2 vocali si uniscono nella pronuncia. Nell'esempio di A. Manzoni:
Vide il mio genio e tacque (si contano 9 sillabe che per effetto Videil mio genioe tacque delle 2 elisioni praticate, diventano 7)
- DIALEFE o iato: è il contrario della sinalefe. E' la mancata fusione di due vocali (in genere perchè una delle due è tonica). Nell'esempio di A.Dante:
Già era in loco onde s'udial' rimbombo...
Già /erain locoonde s'udial' rimbombo ...
- DIERESI: ha come effetto il separare le vocali di un dittongo o di un trittongo, leggendole come se costituissero due sillabe distinte. In genere la dieresi è segnalata da due puntini, collocati sulla prima delle due vocali
Nell'esempio di A.Dante
Di quella nobil patria natio...
Di quella nobil patri/a natio...
- SINERESI: è il contrario della dieresi. E' la fusione di due vocali che non dovrebbero costituire dittongo. Per effetto della sineresi, quindi, leggiamo come una sola sillaba gli iati. Nell'esempio di G. Leopardi
Solea danzar la sera intra di quei...
I versi della poesia italia prendono il nome dal numero delle sillabe che compongono il VERSO PIANO.
Abbiamo prciò il:
- BISILLABO (2 sillabe – accento: 1^) Nell'esempio di G. Cesareo:
Diètro
quàlche
vétro,
quàlche
vìso
biànco...
- TRISILLABO (3 sillabe – accento: 2^) Nell'esempio di A. Palazzeschi:
Andàte,
corréte,
chiudéte
la fònte....
- QUATERNARIO (4 sillabe – accenti: 1^ e 3^) Nell'esmpio di I. Nievo:
Oh, che cuore
pien d'amore!
Oh, che fiore
di candore!
- QUINARIO (5 sillabe – accenti: 1 o 2^ e 4^) Nell'esempio di A. Fusinato:
E' fosco l'aere,
il cielo è muto!
Ed io, sul tacito
veron seduto,
in solitaria
malinconia,
ti guardo e lacrimo,
Venezia mia!
- SENARIO (6 sillabe – accenti: 2^ e 5^) Nell'esempio di G. Mameli:
Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta;
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa...
- SETTENARIO (7 sillabe – accenti 1 o 2 o 3 o 4^ e 6^) Nell'esempio di A. Graf:
Dalla chiesetta alpestre
giunge il clamor dell'ora;
al ciel che si scolora
olezzan le ginestre.
- OTTONARIO (8 sillabe – accenti 4^ e 7^) Nell'esempio di A. Graf:
C'era una volta... che cosa?
Son come grullo stasera!
Non mi ricordo, ma c'era,
c'era una volta qualcosa.
Oppure accenti: 3^ e 7^ come nell'esempio di D. Valeri:
Girotondo, girotondo!
Qunanti sono? Una dozzina.
La farandola mulina,
senza posa intorno al mondo.
In questo secondo caso si considera l'ottonario un doppio quaternario.
- NOVENNARIO (9 sillabe – accenti: 2^, 5^ e 8^) Nell'esempio di P. Maestri:
Da quando la mèsse ha spigato
scintillano i campi ogni notte:
son lembi di cielo stellato.
Talora gli acenti nel novennario si posano sulle sillabe 5^ e 8^; oppure 4^ e 8^; oppure 6^ e 8^.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
che da lunge, da labbro d'altrui,
come un uomo straniero, le udrà.
Oppure accenti: 1 o 2^ e 4^ / 6 o 7^ e 9^ come nell'esempio di G. Zanella:
Sotto l'antico / noce fronzuto
abita il fabbro / della borgata;
un poderoso / dal petto irsuto
e dalla scabra / mano onorata.
In questo caso il decassillabo può considerarsi come un doppio quinario
- ENDECASILLABO è il verso per eccelenza della poesia italiana. Esso ha tre forme principali di ritmo:
accenti: 6^ e 9^ come nell'esempio di G. Gozzano
Nella serenità canavesana
accenti: 4^, 7^ e 10^ come nell'esempio di A. Dante
Considerate la vostra semenza.
Accenti: 4^, 8^ e 10^ come nell'esempio di A.Dante
Mi rotrovai per una selva oscura.
Il VERSO MARTELIANO risulta dall'unione di due settenari, e può pertananto essere definito come un DOPPIO SETTENARIO. Come nell'esempio di A. Manzoni:
Su i campi di Marengo / batte la luna; fosco
tra la Bormida e il Tanaro / s'agita e mugge un bosco...
Il DOPPIO OTTONARIO risulta dall'unione di due ottonari come nell'esempio di E. Thovez:
Cumuli d'oro, rame, / soffici moli di neve,
torri di rosa, voragini, / abissi vertiginosi!
VERSI COMPOSTI – Non mancano, nella poesia italiana, versi composti, come negli esempi che seguono:
(un ottonario e un sernario) come nell'esmpio di A. Negri:
Sette fiammelle di barche, / che vanno a pescare:
L'Orsa Maggiore è caduta, / è caduta nel mare.
(un settario e un novennario) come nell'esmpio di G:Dannunzio
Ridono tutte in fila / le linde casette ne 'l dolce
sole ottombrino, quale / colore di rosa, qual bianca.
LA CESURA il termine deriva dal latino caesura=taglo, derivazione di caedere=tagliare e infica una pausa che si verifica nel mezzo del verso: nei versi composti (doppio senario, doppio settenario, ecc) e in alcuni versi semplici (endecasillabo)
Es. Nel mezzo di cammin / di nostra vita.... (Dante)
Dagli atrii muscosi / dai fiori cadenti... (Manzoni)
Ciascuna delle parti di un verso composto si chiama EMISTICHIO, ossia mezzo verso.